POLITICA. Nozze di Cana(nea)
Di Maio, con la fronda di Fico, si promette in sposo a un Matteo.
Alcuni pentastellati e i parlamentari di Renzi sono in subbuglio. Non gradiscono il possibile dialogo. Lo riferiscono le agenzie di stampa, dopo averlo rilevato dai social, dove impazza l’hashtag #senzadime. I militanti democratici potrebbero aggiungere “ancora una volta”: da anni invocano invano un #conme; nell’ultima legislatura, hanno cambiato più volte lo stato su Facebook, così: indifferenza, amarezza, sdegno. C’è chi è inciampato sulla rassegnazione, disertando le urne.
Intanto, continuano le consultazioni per allestire una maggioranza di governo, magari gradita e che non faccia soccombere i partecipanti. Il Partito Democratico è di nuovo in gioco, grazie al Presidente della Repubblica, non per la capacità di rivendicare la propria centralità. Conta: le numerose correnti. Un tempo incutevano rispetto, erano la manifestazione di una sensibilità: un punto di vista, una prospettiva. Oggi sono un elenco di nomi, di quelli che stanno in una mano.
Ciò che resta dei democratici ha poco in comune con i grillini. Oltre i pregiudizi e l’inadeguatezza, non condividono neppure la preoccupazione per la salute di Giorgio Napolitano. Tra i 5 stelle c’è chi ne è venuto a capo: «Speriamo si riprenda. Dovrà esserci quando gli toglieremo il vitalizio». Il professore Della Cananea non avrebbe fatto meglio; con la sua relazione ci ha ricordato quel che avremmo preferito dimenticare: la qualità dei docenti universitari e dei politici.
Di Maio ha fatto la spola tra i due forni: Lega e PD. Dopo due mesi, anche la crisi siriana è alle spalle. Dunque, non c’è alcuna nuova emergenza da gestire. Quindi, non c’è fretta. I democratici hanno tutto il tempo di interrogarsi sull’opportunità di mettersi alla ricerca dell’identità smarrita. Ora, non saprebbero cosa rispondere a chi gli chiedesse chi siete e cosa volete? A volte non basta dire “noi siamo stati”. Occorrono rassicurazioni: tipo “siamo ancora di sinistra”.
Con anime e correnti deve fare i conti anche il Movimento di Grillo. Proclamarsi oltre le ideologie non le elimina. Deve scegliere: conservarsi immacolato e rifiutare, come accadde con Bersani, qualsiasi apertura ad altre formazioni; aprirsi alla Lega di Salvini o al Partito democratico di Renzi. Il Presidente della Repubblica gradirebbe una maggioranza parlamentare. Di Maio, se vuole governare, ha a disposizione due Matteo: però in tre non ci stanno, uno dei due è di troppo.
In campagna elettorale il Movimento si è scagliato contro tutti. Le parole hanno tracciato un solco profondo tra coloro che, ad urne chiuse, sono chiamati a verificare la possibilità di allestire una coalizione. Rancore e pregiudizi compromettono la serenità del dibattito. Tra i dem, poi, c’è chi teme che il partito possa essere fagocitato dal Movimento; e non mancano quelli che vedono in Roberto Fico un acceleratore della auspicata derenzizzazione di una sinistra di governo.
Il Pd è stato, non c’è ma forse ci sarà. Silvio c’era, c’è e sicuramente ci sarà nell’ombra, per la gioia dei grillini. È meno irritante di Renzi e non comparirà nelle foto. Se decide di sostenere Salvini al governo, senza mostrarsi, non c’è alcun imbarazzo pentastellato: un conto è Brunetta ministro, altro il suo assistente immacolato. Del resto, Salvini non è Alfano o Verdini. Di Maio, poi, non intende cedere lo scettro del comando a Fico. Mattarella se ne farà una ragione.
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