Angri - I LADRI SFIDANO, LA CITTÀ RISPONDE. CARABINIERI NELL'ANGOLO, TRA GIUSTIZIERI E CRIMINALI

Se ci si accorge dopo ventitré anni che corso Vittorio Emanuele è troppo stretto per consentire la sosta a pagamento e servono le forze dell’ordine per rimuovere 7 fioriere da piazza don Enrico Smaldone, si è messi male. Se rubano le auto nel rione Ingegno e i topi di appartamento fanno danni una notte sì e l’altra pure, in campagna, al centro e in montagna, si è messi peggio. Se si è costretti a tirare fuori i fucili da caccia, inseguire e sparare ai ladri, si è alla frutta.

Anni fa, all’inizio di tutto questo pandemonio, il Prefetto sentenziò che non c’era alcuna emergenza criminalità: le statistiche fotografavano altro. A suo dire, evidentemente, mancavano le denunce. Una signora, dopo essersi ritrovata quattro balordi in casa, gli rivolse una domanda, tra lacrime e singhiozzi: «Eccellenza, i vostri carabinieri ce l’hanno la macchina per venire quando li chiamate? Noi cercavamo una sponda, per più controlli; voi ci state facendo un cazziatone».

Ci sarebbe poco da aggiungere. Ma la situazione è tanto grave che rischia di scapparci il morto. Quindi, non ci si può fermare. Muoviamo dalle certezze: Angri ha una superficie di 14 km quadrati, poco più di un fazzoletto di terra. Per andare da una estremità all’altra, occorrono una manciata di secondi. I carabinieri ci sono e hanno anche una caserma. Mantenere gli uni e l’altra ha un costo: il conto lo paga la comunità. Se non servono, tanto vale farne a meno, risparmiando.

La criticità, per essere, occorre che sia percepita; altrimenti, non è. Se non la si avverte come tale, non esiste. È un po’ come il discorso sul presente del professore Bellavista. Dunque, se i cittadini non scrivono e i carabinieri non leggono, i ladri non rubano: parola di Prefetto. Nel frattempo, però, i cassetti dei calzini vengono messi a soqquadro e le auto scompaiono per il tempo necessario a capire chi le ha prese in custodia, chiederne la restituzione e ringraziare.

Il cavallo di ritorno e la visita inattesa, per chi non li subisce, sono soltanto un sistema per distribuire ricchezza. Il malcapitato costretto a versare l’obolo non sempre è d’accordo. Tant’è che alcuni non esitano a far fuoco e a raccontarlo sui social. Orbene, visto che i carabinieri sanno leggere – diversamente cosa ne farebbero delle denunce? -, quando trovano la notizia su Facebook perché non vanno dal cecchino per chiedergli spiegazioni e magari sequestrargli l’arma?

Tra chi corre per raggiungere e chi per fuggire, l’unico a inciampare è il sindaco, ritenuto responsabile della pigrizia di chi dovrebbe presidiare il territorio. Non nel senso che debba dare la sveglia alle istituzioni preposte. Da lui ci si aspetta altro, non certo notti insonni, con la torcia in mano, in giro per il paese. Gli si chiede, non a torto, una parola, una presa di posizione, una manifestazione di protesta, una nota di disappunto, insomma, un segnale di presenza.

Sarebbe sufficiente la convocazione formale del Comandane della stazione, della Benemerita non la ferroviaria, per fargli notare, con l’autorità della fascia tricolore e l’autorevolezza della rappresentanza di centinaia di delusi e preoccupati, che i posti di blocco alle 07.00 del mattino, con i mitra spianati, intercettano solo gli artigiani che vanno a lavorare; che forse non hanno alcun effetto deterrente per coloro che, a quell’ora, già dormono o si dividono la refurtiva.

Qualora il Comandante facesse orecchie da mercante, circostanza remota e sgradevole, soprattutto all’ombra delle foto che in caserma ricordano il sacrificio del brigadiere D’Anna e del tenente Pittoni, il primo cittadino potrebbe informare “Sua Eccellenza” e intimare lo sfratto alle divise, per “occupazione inutile”. Su quella area ci starebbe bene un parcheggio multipiano, al servizio degli istituti scolastici e dei residenti, magari custodito e perché no, anche a pagamento.

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