ANGRI - COMUNALI 1999. IL SOGNO INFRANTO DELLA SINISTRA UNITA.

ALFONSO RAIOLA: L’ULTIMO CANDIDATO SINDACO COMUNISTA. DA ALLORA 20 ANNI DI DIBATTITI SULLE SFUMATURE DI ROSSO, FUORI DAL COMUNE

Considerata la annunciata ed evidente pessima qualità della campagna per le amministrative, è necessario attingere allo scrigno dei ricordi per tentare di elevare il confronto.

L’ultima stagione elettorale degna di nota risale al 1999.

Furono settimane di intensa passione civile. Ciascuno sapeva da che parte stare e perché. C’erano ancora i partiti, qualche sede elettorale. Ci si distingueva per ideali, capacità progettuale e preoccupazioni per il futuro possibile.

Il 15 maggio, Alfonso Raiola (PRC) e il professore Peppino Palumbo (Alleanza Nazionale) furono intervistati da un diversamente giovane cronista di Metropolis. Erano in corsa per la poltrona di primo cittadino. Non raccolsero quanto immaginato.

Raiola registrò 464 preferenze: 29 meno della lista. Ma la sua visione e l’analisi della vigilia, dopo venti anni, sono attualissime:  «La sinistra si è consegnata al centro. Garantiamo un riferimento culturale a coloro che hanno ancora voglia di osare».

Di seguito l’articolo pubblicato mercoledì 19 maggio 1999.

Incudine e martello. Ma soprattutto falce. Alfonso Raiola, fabbro, consigliere comunale uscente, dimissionario, è l’aspirante sindaco di Rifondazione Comunista.

«Corriamo da soli. Abbiamo tentato di far passare nella sinistra un discorso unitario ma gli altri avevano già preso accordi con alcuni partiti del Centro».

Tutti: i diessini, con I Democratici e Rinnovamento; i Verdi, i socialisti e i pidiessini, con i popolari e l’UDeuR.

«Eravamo disponibili a varare un centro sinistra guidato da una personalità della sinistra. Anche su questo non l’abbiamo spuntata; senza nemmeno la possibilità di confrontarci sulle cose che potevano metterci d’accordo».

Sa perché. «La contrapposizione era sui personaggi. La politica non si fa contro ma per proporre e condividere».

L’intento, nobile, solidale. «Vogliamo dare una possibilità alternativa a chi non riesce a cogliere la differenza tra i due centro sinistra; e per tenere ancora in piedi il riferimento culturale che è stato il patrimonio della sinistra».

Volge lo sguardo al 13 giugno. «I giochi non sono fatti: ci saranno delle sorprese. Possiamo raggiungere un traguardo positivo ed essere anche primi attori».

Esclude l’apparentamento. «Non sarebbe conveniente, per nessuno». Ma si morde la lingua. «Poi un po’ dipende anche dagli scarti». Nel maggio del 1995, gli consentirono di entrare in consiglio comunale. «L’altra volta la convergenza aveva una forte motivazione politica: tutta la sinistra si unì al centro».

Il 30 gennaio, il partito ha presentato una bozza di programma. «Non avremo paura di chiedere più tasse, per garantire i servizi e le strutture necessari. Per la macchina comunale proponiamo un’azienda speciale, dove raccolta differenziata, spazzamento, acquedotto, gas siano in un comparto ben identificato, con una direzione a parte e un controllo diretto sugli indirizzi e sul bilancio. Questo permetterebbe di snellire le funzioni del comune; di assumere e recuperare uomini e mezzi».

C’è anche un capitolo dedicato all’urbanistica. «Il campo sportivo va spostato nel fondo Messina. Per non allargare la città verso la montagna, le cooperative devono essere dislocate nel fondo Badia e nel fondo Caiazzo. Ci sono delle zone che vanno recuperate sia in modo estetico che strutturale. Bisogna, poi, creare degli spazi pubblici».

E la memoria va alle MCM. «Il Comune deve avere il coraggio di espropriare se ritiene che quell’area serve alla collettività».

Accenna alle politiche sociali. «Occorre un cambio di passo. Il risultato si misura sul numero di famiglie sottratte al disagio socio economico, non sulla quantità di soldi distribuita. Se ci sono trecento famiglie assistite, il nostro obiettivo è di assisterne di meno, non di farle aumentare. Per quanto riguarda la cultura e lo sport, si deve andare ad una sinergia tra le associazioni e la scuola».

È fiducioso, almeno sembra. «Questa città ha ancora molte carte da giocare, partendo dall’esistente e guardando a ciò che manca nell’agro nocerino sarnese: spazi e
servizi di vivibilità collettiva
».

Ed è soprattutto un imprenditore. «Abbiamo proposto che le imprese esistenti possano, con una licenza provvisoria in deroga, allargare le attività. Bisogna far partire al più presto i PIP».

Ce ne è anche per il Patto Territoriale. «È scollegato dalle reali esigenze del paese. È necessario partire da ciò che impedisce alle imprese del mezzogiorno di funzionare come quelle del nord. Mi riferisco al sistema bancario, ai servizi forniti dall’ente locale. L’amministrazione precedente lo ha fatto ma è stata poco coraggiosa; doveva insistere di più».

E ritorna alle MCM. «Proposi al Consiglio Comunale di dimettersi: non abbiamo reso un buon servizio alla città». 

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