ANGRI. La scuola in presenza ai tempi del Covid tra il timore dei genitori, il silenzio dei dirigenti e gli artigli rapaci di parlamentari e amministratori locali
Nei circoli didattici angresi si è scatenato l'inferno. I contagi hanno messo a nudo l'inerzia di chi avrebbe dovuto preparare e mettere in sicurezza la ripresa delle lezioni in presenza. I genitori rivendicano trasparenza e condivisione delle soluzioni. I vertici scolastici brancolano nel buio, mostrando il fianco a chi ne denuncia il decisionismo autoritario. Intanto i politici, locali e nazionali, ci marciano, alla ricerca di consensi.
La cosa peggiore che si possa augurare ad un genitore pare sia la frequentazione di una chat di mamme. Corre voce che qualcuno ci ha lasciato le penne. Dalle Alpi alle Piramidi, dal Manzanarre al Reno, ci sono uomini e donne che, nell’atrio di un plesso scolastico, si confrontano sulle politiche scolastiche, dandosi appuntamento sui social, per la condivisione delle riflessioni critiche elaborate nel corso della giornata. È il nuovo orizzonte della responsabilità genitoriale.
Sulla graticola, ovunque e in tutte le lingue del
mondo, finisce il personale scolastico. Ce ne è per tutti: dai dirigenti ai
bidelli, dai segretari ai vigilanti. Che poi li si chiami direttori, presidi,
collaboratori scolastici, professori, insegnanti, conta poco: se lavori oltre
il cancello, sei nel mirino, con il pallino rosso che ti segue, dentro e fuori
la classe. Ciascuno è vittima di conversazioni carbonare, per il colore e la
segretezza, allestite sulle indiscrezioni.
Chi immagina di sottrarsi, si illude. Al pari di chi è
convinto di poterle gestire. L’errore più comune è confondere la devozione
interessata mostrata a chi siede in cattedra – calendarizzata con le raccolte
fondi per i regali in occasione di compleanni ed onomastici – e la onniscienza derivata
dal confronto dialettico e preoccupato, sulla gestione, contesa, dei piccoli. Quando
va bene, non si va oltre il “sì, però”. Con quel “però” che apre mille scenari,
spesso inquietanti.
La relazione responsabile con il mondo della scuola
richiede particolari abilità ma anche profili caratteriali comuni. Volendo
considerare le une e gli altri, esercitandosi nella ricerca di una congiunzione,
non si può non pensare alla capacità di tener a freno la lingua. I nonni sanno
come si fa. Per anni hanno taciuto e si sono affidati. E non perché non si
preoccupassero dei figli. Erano impegnati altrove. Non avevano tempo per
pensarsi più intelligenti e bravi dell’altro.
L’emergenza epidemiologica ha introdotto un elemento esplosivo su un campo dove prima c’erano soltanto mine a salve. Le chiacchiere a vuoto sono state scalzate dalla preoccupazione per il contagio. Un pericolo concreto e attuale. Su cui non è concesso scherzare e prendere in giro il prossimo. In gioco c’è la salute. Dei bambini e delle loro famiglie. Non c’è spazio per l’approssimazione. Occorrono chiarezza e tempestività. A tutti i livelli. Ovunque: dentro e fuori la scuola.
La conclusione, cui si giunge sul sentiero della
banalità, in provincia diventa la verità cui si approda per uno stato di
grazia. Soprattutto quando ci si scontra con sacche di potere che non tollerano
ingerenze; o ci si imbatte in personaggi lesti nel costruirsi un profilo sulle
disgrazie altrui. Così può accadere che un parlamentare cavalchi la protesta
dei genitori, un sindaco smentisca se stesso e un consigliere comunale,
insegnante, salti sui banchi per non invischiarsi.
L’amministrazione ai tempi del Covid richiede
equilibrio e sobrietà. Con la luce delle telecamere negli occhi rischi di
andare a sbattere. Così come se decidi di procedere senza guardarti intorno,
negando udienza a chi rivendica attenzione. Non c’è da stupirsi se poi quando inciampi,
come può capitare a chiunque, non ci sono mani amiche su cui appoggiarsi. Ai piani pandemici era necessario lavorare per tempo. Insieme. Fissando criticità
e soluzioni. In Comune, non sui social.
La gestione del flusso all’ingresso di un plesso
scolastico non è una Piaga d’Egitto. Anche in piena pandemia. Pure in un Comune
governato dalla Lega e da Fratelli d’Italia, con dirigenti scolastici, a esser
buoni, introversi. A meno che non si decida di far calare il silenzio sull’emergenza,
facendo passare il principio che non ci sono e non ci potranno essere contagiati
e che la scuola è retta da una monarca che ha diritto di vita e di morte su chi
la frequenta e vi lavora.
La scuola è, da sempre, un bacino di voti in grado di cambiare la vita di chi vi attinge. Sempre che lo
faccia condividendo le scelte e rendendo protagonisti operatori e fruitori.
Renzi e la Azzolina, a livello centrale, hanno dato prova di come sia possibile
dilapidare un patrimonio di consensi. Evitiamo gli errori che hanno lacerato le
famiglie italiane, minando anche la credibilità delle istituzioni. Recuperiamo
il buon senso, rimboccandoci le maniche e cucendoci la bocca.
I genitori meritano comprensione e rispetto. Tanto più
se non riescono a condividere i propri timori negli organismi che li
rappresentano. Un sindaco non può pensare di non assegnare la delega alla
Pubblica Istruzione, lasciando che della “scuola” si occupi un consigliere comunale nel tempo libero. Né può proclamare, in gennaio, di aver concordato
con i dirigenti scolastici il da farsi per la ripresa in sicurezza delle
lezioni in aula, solo perché li ha salutati in videochat.
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