A D10S - IN MEMORIA DI DIEGO ARMANDO MARADONA
La mano di Dio ha
tirato a sé El Pibe de oro. Diego se ne è andato. Portando via il pallone. La
partita è finita. All’improvviso. Come quelle giocate in cortile, interrotte
dai nomi dei ragazzini richiamati dai genitori sul fare della sera.
Il cuore lo ha abbandonato. Non ce l’ha fatta a stargli dietro. I nostri lo inseguono. Mentre si allontana con la maglia azzurra, lo sguardo al cielo, il numero 10 e il pallone tra i riccioli neri. Come la prima volta. Oltre, anche il possibile.
Gli occhi da bambino mite si illuminavano nella gioia dell’altro. Fuori e dentro il terreno di gioco. Nei vicoli e sotto i riflettori, sui campi di periferia e accanto ai giusti, per gli ultimi dell’America latina. Con Francischito e Fidel.
Ha conquistato Napoli e per i napoletani, l’Italia. Con il rosso nel cuore, non sulla camicia. Ha unito uomini e terre. Più di Garibaldi. Come solo la televisione prima di lui. Ha insegnato la lingua del calcio, con il silenzio della magia.
Le ciglia nere e folte ne segnavano il viso, curve, come il mare grosso coprivano storie e segreti, sogni e aspirazioni, sue e di chi credeva in lui, con la dirompente, incontrollabile e devastante forza purificatrice dei fenomeni naturali.
Non ci ha lasciati. Ci sarà: nelle acrobazie del campione del momento, nei commenti, nei paragoni, nei pugni chiusi contro il sistema. Per sempre. Con le sue tinte forti. In un presente colorato, giorno dopo giorno, dai ricordi di ciascuno.
Ci sarà, oltre la memoria, nella celebrazione perpetua e quotidiana dello straordinario e unico. Al pari degli artisti che con le loro opere si sono consegnati alla perfezione universale. Stringendo, insieme, l’indice di Dio e degli uomini.
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