ANGRI. L'amministrazione comunale, per celebrare il Patrono e seminare voti, nel farsi la croce "si ceca gli occhi". E la città si divide tra SGBT e LGBT, sotto il mantello del Santo

San Giovanni è amante dei forestieri. Lo si sa. Il padrino più celebrato della cristianità è esigente. Abituato a cumparielli illustri, è intollerante agli indigeni inadeguati. Preferisce l’eccellenza d’importazione. Anche se poi si accontenta della normalità, come accade in tutte le coppie. Quando non ne può più guarda altrove. Non sempre gli dice bene. Sui principi non arretra, a costo di rimetterci la testa. Meglio che mangiarsi il fegato. Da Patrono va preso con le molle.

Affittacamere e stranieri, osti e parcheggiatori lo adorano. Non è chiaro se ricambi le loro lusinghe. Con i politici di paese – sindaci, assessori e consiglieri comunali – va un po’ meno d’accordo. In particolari comunità, li ritiene imbarazzanti. Tende a liberarsene. Predilige i commissari prefettizi. Ne gradisce la sobrietà, la limpidezza, la vocazione alla trasparenza e la capacità di allontanare le tenebre del malcostume. Sulla luce non scherza. È un’autorità in materia.

Ha tenuto a battesimo l’Eletto ma ha un pessimo rapporto con la democrazia rappresentativa. Non c’è confine che tenga. Da Angri (Campania) a Firenze (Toscana), Genova (Liguria) e Torino (Piemonte) – ndr. l’indicazione della regione è per gli eletti con l’iniziale minuscola. Non che non gli piaccia la competizione. Tutt’altro: la semina e ne cura i germogli, in casa. Vedi Sant’Alfonso Maria Fusco (Angri) e Giorgio La Pira “il sindaco santo” di Firenze. Ma poi, ci sono i Renzi.

Se mentre ti dai i pizzicotti da solo allo specchio sulle gote, fino a farle diventare nere, compiaciuto per aver ispirato La Pira, ti accorgi che sulla sua poltrona si è seduto, perché votato, un Matteo di Rignano, ti girano quelli che non si possono nominare e di cui sono stracolmi i tuoi Comuni. Tutti, da Angri a Torino. E ci sta pure che non arrossisci se reagisci come il Cavaliere Nero con i figli del Cavaliere Bianco. Anche se sei il Battista e non il sanguinario Erode.

Se sulle rive dell’Arno, benché Santo Patrono, rischia di inciampare in Renzi, in provincia può andare peggio. Soprattutto dalle parti del Sarno. Non solo perché la consonante in più porta con sé il cattivo odore e i fanghi tossici, cui potrebbe anche pensare di rimediare, vista la parentela con uno che moltiplicava i pesci e camminava sull’acqua. Il pericolo ha i tratti dell’amore malato. Quello della rivendicazione assoluta, incondizionata e perversa del rapporto esclusivo.

La nota dolente è l’interpretazione della manifestazione dell’affetto. A differenza di San Lorenzo e Giordano Bruno, San Giovanni Battista non prende fuoco facilmente. Ma a tutto c’è un limite. Se si è chinato, offrendo il collo per accontentare una ragazzina particolarmente vivace ma – a quanto si racconta – senza testa, non è detto che debba piegarsi ancora e sacrificare pure le chiappe per i fedeli. Anche se sono di Angri. E indicati dai detrattori come diversamente etero.

C’è una relazione tra l’amore del Santo per i forestieri e l’appellativo affibbiato agli angresi: ricchioni. La parola segna l’abilità nel tenere insieme, nello stesso corpo, la cialtroneria maschile e la malizia femminile. Non è una questione di gonne o pantaloni ma di stili di vita e comportamenti. Con uno che ha esordito riconoscendo la qualità del prossimo ancora prima di nascere e si è congedato per i capricci di una danzatrice del ventre, i ricchioni hanno poco da fare.

Come tutti i padrini, San Giovanni Battista è misericordioso. Ma dopo una bella strigliata. Togliendosi anche il sassolino dal sandalo, quando i fedeli si distraggono. Gli angresi, per esempio, lo costringono a scorrazzate di tre giorni per le strade del paese: da decenni hanno vie dissestate e intasate dal traffico. La curia non si pone il problema? Ecco che un geometra, venuto da fuori e dai capelli tinti di arancione, sostituisce un pretino angrese dalla voce fanciullesca.

Pare niente. Eppur non è così. Basta un attimo per passare dalla tradizione al trash. Nel Comune di Angri occorre ancor meno. Il Santo si adegua. L’amministrazione comunale asseconda gli invasati per non perdere voti? Concluso il mandato è condannata all’anonimato. Dalla fine degli anni settanta non c’è un sindaco che, benedetto dal Santo, si sia affermato in politica dopo aver lasciato la fascia tricolore. Così come i consiglieri e gli assessori. Rimossi anche dalla memoria.

Con i Santi non si scherza. Il monito vale anche per gli ultras angresi di San Giovanni Battista. Malgrado non sia da annoverare tra gli irascibili, gli prude il naso. Così i cittadini si ritrovano i marciapiedi pieni di escrementi di cani, sol perché chi li governa non ha pensato che gli extracomunitari che arrivano in città con le bancarelle, per la tre giorni di festeggiamenti, devono andare in bagno, come tutti, e li costringe a fare i bisogni nelle aiuole. Per necessità.

Se ci si mettono anche vigili e carabinieri, la situazione precipita fino alla quota di non ritorno. Con i festeggiamenti civili sospesi per la pandemia, solo un sindaco inadeguato può chiudere al traffico, dal 24 al 27 giugno, il centro cittadino, perché prevede gente, anche proveniente da fuori, in strada. La “follia” da arginare è nel numero dei nuovi positivi registrati il 25: Angri e Mercato San Severino, 3 ciascuno; Scafati, 1; le due Nocera, 1 ciascuna; San Marzano, 2.

San Giovanni non è paziente come Giobbe. E se le forze dell’ordine tacciono al cospetto di un primo cittadino incontinente nella produzione di ordinanze curiose, non si può pretendere che Lui stia fermo. Così accade che non si veda una divisa in giro da mesi. Escluse le gialli. Con la città in balia di vandali, ladri, spacciatori e accattoni, tra i vetri delle auto in frantumi e l’aroma di marjuana che dalle piazze di spaccio si confonde con il profumo dei carciofi arrostiti.

La sensazione è che il pisellino faccia pipì e il culetto le prenda: le autorità non ne fanno una buona e i cittadini pagano il conto. Ma non è proprio così. Fatta eccezione per don Luigi La Mura non c’è uno che protesti. Con il Santo che diventa più nero. Anche se a volte si concede qualche scherzo birichino. Quando lo hanno collocato al centro di un’aiuola in villa comunale, come un qualsiasi nano da giardino, ha sferrato il tiro mancino, alle “autorità” civili e religiose.

Ha agito come “Il Padrino”. Per evitare di passare per il Boss delle cerimonie. Determinando gli eventi e accennando un sorriso amaro nell’ombra. Con un tocco impercettibile, ha ispirato la targa: «A devozione di San Giovanni Battista e delle vittime del Covid». Un obbrobrio, fotografato e postato sui social dai consiglieri comunali; benedetto anche dal parroco di zona. San Giovanni avrebbe potuto infierire e invitare gli uni e l’altro a cambiare “pianeta”. Ma si è divertito.

Due vecchi professori di concertino, già inquilini della cassa armonica, di ritorno dal Paradiso, si sono detti preoccupati per il disappunto del Santo. Il Battista, innamorato di Angri, come di tutti gli altri paesi di cui è Patrono, teme le iniziative degli angresi. Ha paura che la contrapposizione tra ultras tribali e fedeli responsabili possa condurre alla deriva lessicale: non ha torto. I primi si sono stretti a coorte con le maglie “SGBT” mentre gli altri urlano «LGBT».

San Giovanni Battista ci sta perdendo il sonno. Dopo la testa non vuole rimetterci la faccia. SGBT sta per San Giovanni Battista e Tradizione. Non fa una grinza. LGBT, però, lo espone agli sfottò degli altri Santi. I quali non sembrano convinti che la sigla stia per Liberate Giovanni Battista dal Trash. Ci marciano. Il Precursore non intende consegnarsi al pubblico ludibrio. Sta convincendo i devoti altrui a collocare in villa pure San Pio e Sant’Alfonso e almeno una Madonna.

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