ANGRI. Divieto di sosta su Corso Vittorio Emanuele. La strada è troppo stretta. La Polizia locale se ne accorge dopo ventitré anni

L’istituzione del divieto di sosta su Corso Vittorio Emanuele pone fine a una truffa durata oltre venti anni. Tutte le società che si sono succedute dal 1999 nella gestione dei parcheggi hanno incassato, con il silenzio di funzionari comunali compiacenti, fiumi di denaro, grazie al pagamento dei grattini prima e dei ticket poi in zone dove non è stato mai possibile sostare. Quasi un quarto di secolo di ladrocinio, perpetrato ai danni degli inconsapevoli automobilisti angresi.

I vertici del Comando di Polizia locale si sono finalmente accorti che le dimensioni della strada e il doppio senso di circolazione sono incompatibili con la sosta. La strada è sempre stata così: non si è ristretta a causa delle piogge copiose delle ultime settimane. Nonostante ciò, ci sono voluti ventuno anni più ulteriori due per porre fine alla rapina autorizzata. Senza citare i tanti sindaci, gli assessori alla viabilità, i commissari prefettizi, i vigili e i carabinieri.

A chi si stia chiedendo perché si debbano considerare ventuno anni più due e non ventitré è doveroso rispondere. Quando è stato varato il nuovo piano parcheggi, collegato all’intervento di Corso Italia, l’imprenditore ha presentato un progetto che prevedeva la sosta a pagamento dove ora c’è il divieto. Non immaginava che dalla Polizia Locale gli avrebbero dato il fermo. Tant’è che dispose la installazione del Totem all’altezza della rivendita di “Pere o’muss”. Posizionandolo.

Il Totem non è stato rimosso. Non sono state neppure cancellate le strisce blu. Va da sé che chi parcheggiava, vedendo parchimetro e strisce, per non essere multato, recuperava il biglietto altrove e lo sistemava sul cruscotto. Facendo una donazione al gestore dei parcheggi. La storia è andata avanti fino a quando non si è sparsa la voce che su Corso Vittorio Emanuele la sosta è libera, con l’invasione delle auto provenienti dalle zone limitrofe, dove è previsto il pagamento.

Al netto della truffa stile Fatebenefratelli, interpreti di Pasquale e Vincenzo Sorrentino in “Così parlò Bellavista”, l’iniziativa giusta e tutt’altro che tempestiva del Comando di Polizia Locale ha colto di sorpresa i commercianti della zona, i quali lamentano l’impossibilità dei propri clienti di parcheggiare nei pressi delle loro attività e minacciano serrate. E qui si apre un altro scenario, con cui, come avrebbero detto i fratelli Sorrentino, si chiudono cerchio e film.

In ballo ci sono circa 15 stalli di sosta, che producono soldi. La strada è stretta e i negozianti sono sul piede di guerra. La soluzione immaginata e non dichiarata finora; strana a scriversi se si pensa che l’amministrazione è a guida Salvini - Meloni: la svolta a sinistra. In concreto: senso unico di marcia nel tratto prospiciente piazza don Enrico Smaldone, con relativo obbligo di svolta a sinistra in direzione Bar Lion’s per chi proviene da via Nazionale e via Semetelle.

Chiaramente, per dirla come in “Così parlò Bellavista”, questa soluzione non è “cassazione”. Ce ne è anche un’altra: obbligo di svolta a sinistra per chi proviene da via Ardinghi e giro per via Nuove Cotoniere e via Risi per raggiungere il secondo tratto di Corso Vittorio Emanuele. Sempre con salvezza dei 15 stalli di sosta a pagamento e del senso unico di marcia lungo la piazza. A meno che l’amministrazione non decida di ridurre piazza e marciapiedi per far spazio alle auto.

È evidente che, ancora una volta, consiglieri comunali, di maggioranza e opposizione, assessori, sindaco e funzionari comunali, oltre ai movimenti che urlano e strepitano in cortile, fanno tutti la figura degli inadeguati. Senza contare tutti coloro che in questi anni, per chiudere gli occhi, non è escluso che abbiano partecipato alle fortune dei diversi gestori dei parcheggi. Perché non può negarsi che ventuno anni più due sono troppi per accorgersi che una strada è stretta.

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