COSE TURCHE AL NAZARENO. IL FRATICELLO ENRICO LETTA SCHIVA LE DOMANDE DI MIELI SU ERDOGAN E DRAGHI. E DESCRIVE UN PARTITO CHE NON C’È. ANCORA.

Paolo Mieli ha intervistato Letta, sotto i riflettori di Piazzapulita: Enrico, neosegretario del Partito Democratico di cui si vergognava Zingaretti; non Gianni, lo zio, già eminenza grigia del centro destra. Mieli: «Secondo lei, Erdogan è un dittatore»? Letta: «Secondo me, Erdogan non è tecnicamente un dittatore, perché ha un parlamento che lo ha eletto». Mieli, guardando nel vuoto, tutt’altro che sorpreso e ondeggiando la testa: «Non è tecnicamente un dittatore, beh certo».

L’antefatto. Draghi ritiene che Erdogan sia un dittatore. Come mezzo mondo: l’altra metà non lo conosce. Tant’è che, riferendosi a lui, senza giri di parole, ha dichiarato che «con questi, chiamiamoli per quel che sono, dittatori, di cui si ha bisogno, uno deve essere franco nell’esprimere la propria diversità di vedute; deve essere anche pronto a cooperare per assicurare l’interesse del proprio paese. Bisogna trovare l’equilibrio giusto». Messa così non gli si può dar torto.

Letta, sbeffeggiato da Mieli, precisa: «Erdogan credo che sia un autocrate». Interviene Formigli: «Perché Draghi ha usato quella parola»? Ancora Letta: «Ha forzato la mano; dentro la dialettica politica è possibile». Formigli: «È stato uno scivolone»? Letta: «Ha forzato la manoDraghi rispetto a una situazione che c’è in Turchia; una situazione molto, molto pesante: oltre i limiti». I limiti, in numeri: 3.000 magistrati destituiti; 1.600 rettori “dimessi”; 10.000 arresti.

Mieli non scuote la testa per caso: non si capacita. Come tanti altri. Sta intervistando il segretario del Partito Democratico; non Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia o il leghista Matteo Salvini. Da uomo di cultura e storico gradirebbe altre risposte. Magari qualcosa non proprio di destra. Affermazioni meno sinistre. Anche se da giornalista si strofina le mani, si stropiccia gli occhi e raddrizza le orecchie come un doberman. Però non infierisce. Si accontenta. Ma non gode.

C’è tempo anche per due parole, non di più, sulla ospitalità turca. Letta: «Quello che ha fatto Erdogan, nei confronti della Ursula von der Leyen, ha dell’incredibile. Devo dire che ha dell’incredibile anche il comportamento del presidente del Consiglio Europeo che non si è alzato e non ha fatto sedere la von der Leyen». Formigli: «A mio parere dovrebbe dimettersi, perché è una scena di debolezza ed ignavia». Letta non raccoglie: «Se si fosse alzato sarebbe stato un trionfo».

Mario Draghi è stato schietto, quando, sollecitato, si è espresso: non gliele ha mandate a dire. In molti hanno apprezzato: «Non condivido “assolutamente” il comportamento del presidente turco Erdogan. Credo che non sia stato appropriato. Mi è dispiaciuto moltissimo per l’umiliazione che la presidente della Commissione, von der Leyen, ha dovuto subire». Una delle rarissime volte in cui è stato piacevole ascoltare “assolutamente”, usato per dare spessore alla non condivisione.

«Non condivido assolutamente» e «questi dittatori» sono dichiarazioni che gonfiano il petto e riempiono il cuore. Hanno una concretezza che può essere toccata, in cui ci si può riflettere. Non come «birichino, screanzato». Danno l’idea che si è da un’altra parte, che si hanno chiare le differenze, che si ritiene opportuno sottolinearle. Una volta, a sinistra, era di moda concludere con “senza se e senza ma”: sarebbe stato bello rispolverarlo, rivendicando l’identità smarrita.

Giocando con le parole, non si può ignorare la lezione di Enzo Biagi. Ricordando Enrico Berlinguer, scrisse: «Se Togliatti era “il Migliore”, lui è il più rimpianto». Si potrebbe aggiungere, senza timore di fare danni: Letta è il più educato e istruito. Il vicino di casa che va a lezione di pianoforte e si laurea con il massimo dei voti. Quello che, da adolescente, come Massimo Troisi, augureresti al tuo peggior nemico e che i genitori, anche i tuoi, guardano con ammirazione.

Biagi raccontava che quando intervistò Berlinguer «tra la domanda e la risposta c’era il tempo per andare a prendere il caffè». Chissà cosa avrebbe scritto osservando Letta mettersi le mani sulle orecchie, a mo’ di cuffie, durante l’intervista, come se fosse a l’Eredità. Chissà cosa pensano i militanti del partito democratico di questo bravo ragazzo, buono tre volte più del necessario, venuto di corsa da Parigi, per mettersi al timone di una zattera, sgangherata, alla deriva.

Commenti

  1. Anche la prima uscita sul governo sul voto a 18 anni e lo ius soli non mi sono sembrate opportune in questo momento uscite dettate da euforismo della nomina

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    1. L'impressione è che sia inadeguato. Incrociamo le dita, per il bene di tutti. Credo che abbia proposto di estendere il voto ai sedicenni, alle amministrative: inquietante.

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